Dostoevsky. Il giocatore (Italian, Игрок)
Capitolo 10

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Capitolo 10

Alle terme - e, a quanto pare, in tutta l'Europa - i direttori d'albergo e i capi camerieri nell'assegnare ai clienti le camere sono guidati non tanto dalle esigenze e dai desideri di questi quanto dal primo colpo d'occhio e, bisogna dirlo, difficilmente sbagliano. Ma alla nonna, chi sa perché, avevano dato un appartamento così lussuoso da sembrare persino esagerato: quattro stanze arredate splendidamente, con il bagno, camere per i domestici, una stanzetta particolare per la cameriera eccetera eccetera...

"grande duchesse" il che, è naturale, veniva subito riferito ai nuovi ospiti per dare più valore all'appartamento. Portarono o, per meglio dire, spinsero la nonna per tutte le stanze, e lei le osservò con severa attenzione. Il capo cameriere, un uomo già anziano dalla testa pelata, la accompagnava con deferenza in questa prima visita.

"Madame la Générale, princesse de Tarassevìtcheva" nonostante la nonna non sia mai stata principessa. La servitù, lo scompartimento riservato, quell'inutile montagna di cassette, valigie e persino i bauli arrivati insieme con la nonna, avevano probabilmente dato inizio al suo prestigio; e la poltrona, il tono, la voce imperiosa della vecchia, le sue domande stravaganti fatte con la più grande disinvoltura e con l'aria di non ammettere repliche, in una parola, tutta la figura della nonna diritta, brusca, autoritaria, avevano completato il generale senso di reverenza verso di lei. Durante la visita, la nonna ordinava all'improvviso di fermare la poltrona, indicava qualche oggetto dell'arredamento e con inaspettate domande si rivolgeva all'ossequioso e sorridente capo cameriere che quasi quasi cominciava ad avere un po' di paura. La nonna rivolgeva le sue domande in francese, lingua che però parlava alquanto male, cosicché spesso io dovevo tradurre. Le risposte del capo cameriere non erano, per la maggior parte, di suo gradimento e le sembravano poco soddisfacenti. Anche lei, poi, faceva un mucchio di domande che non si riferivano all'oggetto in questione, ma a Dio sa che cosa.

"E' il ritratto di chi?" Il capo cameriere le dichiarò che probabilmente si trattava di qualche contessa.

"Come mai non lo sai? Vivi qui e non sai. Perché si trova qui? Perché ha gli occhi storti?" A tutte queste domande il capo cameriere non poté rispondere in modo soddisfacente e si smarrì persino.

"Che scemo!" dichiarò la nonna in russo.

é con una statuina di Sassonia che la nonna osservò a lungo e poi ordinò di portare via, non si sa per quale motivo. Infine si appiccicò al capo cameriere: quanto costavano i tappeti della camera? dove li tessevano? Il capo cameriere promise di informarsi.

"Che razza di asini!" borbottò la nonna, e dedicò tutta la sua attenzione al letto.

"Che baldacchino lussuoso! Disfate il letto!"

Il letto fu disfatto.

"Ancora, ancora, togliete tutto! Via le federe, via i cuscini, sollevate i piumini!" Tutto fu capovolto. La nonna osservava con attenzione.

"Bene! Non ci sono cimici. E adesso via questa biancheria! Portate la mia e il mio guanciale. Però tutto qui è troppo lussuoso; che serve a me, vecchietta come sono, un appartamento così? Da sola mi annoio. Alekséj Ivànovitch, vieni a trovarmi il più spesso possibile, quando avrai finito le tue lezioni ai bambini."

"Da ieri non sono più al servizio del generale" risposi io, "e vivo nell'albergo completamente per conto mio."

"E perché?" "Alcuni giorni fa è arrivato qui un importante barone tedesco con la baronessa, sua consorte, da Berlino. Ieri, alla passeggiata, mi sono rivolto a lui in tedesco, senza seguire la pronunzia berlinese."

"Be', e con questo?" "Il barone l'ha considerata un'insolenza e ha fatto le sue lamentele al generale, e il generale ieri mi ha licenziato."

"Ma tu l'hai forse ingiuriato questo barone? E se anche l'avessi offeso, poco male!"

"Oh no! Anzi, il barone ha alzato il bastone su di me."

"E tu, bavoso, hai permesso che trattassero così il tuo precettore?" chiese rivolgendosi al generale. "E l'hai anche cacciato dal posto! Siete tutti dei babbei, dei veri babbei, a quanto vedo..."

"Non inquietatevi, zietta," rispose il generale con una certa sfumatura altera e familiare insieme, "so trattare da me i miei affari. Inoltre Alekséj Ivànovitch non vi ha riferito le cose fedelmente."

"E tu l'hai inghiottita?" chiese, rivolgendosi a me.

"Volevo sfidare il barone a duello" risposi il più modestamente e tranquillamente possibile, "ma il generale si è opposto."

"E perché ti sei opposto?" chiese la nonna rivolta di nuovo al generale. "E tu, bàtjushka, vattene, verrai quando ti si chiamerà," disse al capo cameriere, "non è il caso che te ne stia là a bocca spalancata... (Non posso sopportare questo muso di Norimberga...!)" Il cameriere s'inchinò e uscì, senza, naturalmente, aver capito il... complimento della nonna.

"Ma scusate, zietta, sono forse possibili i duelli?" rispose il generale con un sorrisetto ironico.

"E perché non sono possibili? Gli uomini sono dei galli; quindi devono combattere. Siete tutti dei grandi babbei, a quanto vedo, e non sapete far rispettare la vostra patria. Su, alzate! Potapytch, disponi che siano sempre pronti due portatori: trovali e impegnali. Non ne servono più di due; si tratta di portarmi solo per le scale perché, quando siamo sul piano, nella strada, c'è solo da spingere. Diglielo, e pagali in anticipo: saranno più rispettosi. Tu mi starai sempre vicino e tu, Alekséj Ivànovitch, durante la passeggiata, mi indicherai quel barone: vorrei proprio vedere che razza di 'von'-baron è. Be', dov'è questa roulette?" Le spiegai che le roulettes sono poste nelle sale del Casinò. Poi iniziarono le domande: ce ne sono molte? Sono numerosi i giocatori? Giocano per l'intero giorno? Come funzionano? Risposi che la miglior cosa era vedere con i propri occhi, perché spiegare tutto era piuttosto difficile.

"Be' allora mi si porti direttamente là! Va' avanti, Alekséj Ivànovitch!"

"Ma, zietta, è possibile che non vi riposiate nemmeno dal viaggio?" chiese premuroso il generale. Era quasi spaventato e tutti, con un'aria imbarazzata, si scambiavano delle occhiate. Probabilmente si sentivano a disagio e persino un po' si vergognavano di accompagnare la nonna direttamente al Casinò dove, si capisce, poteva commettere qualche stravaganza e, per di più, in pubblico; tuttavia tutti si offrirono spontaneamente di accompagnarla.

"E perché dovrei riposarmi? Non sono stanca; sono stata ferma cinque giorni. E poi vedremo le sorgenti e le acque minerali che ci sono qui, e dove sono. E poi... quella... come hai detto, Praskòvja... quella 'puànt'... o come?" "'Pointe,' nonna."

"Bene, se è 'pointe,' sia 'pointe. ' E che altro c'è ancora?" "Ci sono molte cose, nonna" disse Polina con un certo imbarazzo.

"Ma, insomma, vedo che non lo sai nemmeno tu! Marfa, verrai con me" disse alla sua cameriera.

"Perché anche lei, zia?" interruppe preoccupato il generale. "Questo non è possibile. E anche Potapytch difficilmente lo lasceranno entrare."

"Sciocchezze! Siccome è una domestica bisognerebbe piantarla? E' anche lei una creatura viva; è ormai una settimana che stiamo viaggiando, e anche lei ha voglia di vedere qualche cosa. Con chi potrebbe farlo, se non con me? Da sola non oserà neppure mettere il naso fuori della porta..."

"Ma, nonna..."

"Ti vergogni a uscire con me? E allora rimani in casa, nessuno ti chiede niente. Guarda un po' che generale! Ma sono anch'io una generalessa. E perché dovrei trascinarmi dietro un simile codazzo? Andrò a visitare tutto con Alekséj Ivànovitch..."

Ma De-Grieux insisté decisamente perché tutti la accompagnassero e usò le frasi più cortesi a proposito del piacere di accompagnarla eccetera eccetera. Tutti si mossero.

"Elle est tombée en enfance," ripeté De-Grieux al generale, "seule, elle fera des bêtises (1)". Di più non sentii, ma evidentemente egli aveva dei progetti e, forse, gli erano addirittura tornate delle speranze.

ò era lontano un mezzo miglio dall'albergo. La nostra strada passava per un viale di castagni, fino al piazzale, girato il quale ci si trovava davanti all'ingresso del Casinò. Il generale si era un po' calmato, poiché il nostro corteo, anche se discretamente eccentrico, era tuttavia decoroso e corretto. E poi non c'era niente di sorprendente nel fatto che alle terme fosse venuta una persona malata e debole, priva dell'uso delle gambe. Ma, evidentemente, egli temeva il Casinò: perché una persona malata, dalle gambe paralizzate e per di più vecchia, sarebbe andata alla roulette? Polina e mademoiselle Blanche camminavano ai due lati della poltrona che procedeva davanti a tutti. Mademoiselle Blanche rideva, era allegra ma con discrezione, e a volte, molto cortesemente, scherzava con la nonna tanto che questa, alla fine, la elogiò. Polina, dall'altro lato della poltrona, era costretta ogni momento a rispondere alle innumerevoli domande della nonna, domande di questo genere: "Chi è quello lì che passa? E quella là in carrozza? E' grande la città? E' grande il giardino? Che alberi sono questi? E che monti sono quelli? Ci sono delle aquile qui? Che cos'è quel tetto così buffo?" Mister Astley, che camminava vicino a me, mi sussurrò che da quella mattina si aspettava molte cose. Potapytch e Marfa seguivano da vicino la poltrona: Potapytch in marsina e cravatta bianca ma con il berretto, e Marfa, zitella sulla quarantina dalle guance rosse, ma che cominciava ormai a farsi grigia, in cuffia, abito di percalle e con un paio di scricchiolanti scarpe di pelle di capretto. Molto spesso la nonna si girava e scambiava con loro qualche parola. De-Grieux e il generale erano rimasti un po' indietro e discutevano con grande foga di non so che cosa. Il generale era assai abbattuto; De-Grieux parlava in tono deciso. Magari cercava di fargli coraggio o gli dava qualche consiglio. Ma la nonna aveva ormai pronunciato la frase fatale: "Denaro non te ne darò". Forse a De-Grieux questa notizia sembrava incredibile, ma il generale conosceva bene la vecchia. Io osservai che De- Grieux e mademoiselle Blanche continuavano a scambiarsi strizzatine d'occhio. Il principe e il viaggiatore tedesco li vidi proprio in fondo al viale; erano rimasti indietro e se ne andavano da un'altra parte.

ò entrammo trionfalmente. Il guardaportone e i camerieri ci manifestarono la stessa reverenza che già aveva manifestato il personale dell'albergo. Ci guardavano, però, con curiosità. La nonna, per prima cosa, ordinò di portarla in giro per tutte le sale; lodò alcune cose, di fronte ad altre rimase perfettamente indifferente; di tutto chiedeva informazioni. Infine entrammo nelle sale da giuoco. Il cameriere, che stava di guardia vicino alla porta chiusa, sbalordito, la spalancò immediatamente.

à della sala dove si trovava il tavolo con il "trente et quarante", si affollavano forse centocinquanta o duecento giocatori, in varie file. Quelli che erano riusciti a farsi strada fino al tavolo, di solito si tenevano ben fermi al loro posto e non lo cedevano fino a quando non avevano perduto tutto; poiché non è permesso rimanere come semplici spettatori a occupare inutilmente un posto di giuoco. Nonostante che intorno al tavolo siano anche sistemate delle sedie, pochi tra i giocatori si siedono, specialmente quando c'è molta folla, perché in piedi si sta più fitti e di conseguenza si guadagna posto e si possono più agevolmente fare le puntate. La seconda e la terza fila si pigiavano dietro alla prima, aspettando e sorvegliando il loro turno; ma nell'impazienza a volte allungavano la mano oltre la prima fila per fare le loro puntate. Perfino dalla terza fila si ingegnavano così ad allungare le puntate; per questo non passavano dieci e neppure cinque minuti senza che a un'estremità del tavolo non avvenisse qualche 'storia' per poste controverse. La polizia del Casinò, del resto, è abbastanza indulgente. La ressa, è naturale, non si può evitare; anzi si è contenti dell'affollamento di pubblico perché è una cosa che conviene; ma otto "croupiers" che siedono attorno al tavolo, tengono attentamente d'occhio le poste, fanno i conti e, quando nascono controversie, sono loro che le risolvono. Nei casi estremi chiamano la polizia, e la faccenda si conclude in un minuto. Gli agenti si trovano nella sala stessa, in abiti borghesi, confusi tra la gente, per cui non è possibile riconoscerli. Essi tengono specialmente d'occhio i ladruncoli di professione che alle roulettes si incontrano in gran numero, per la straordinaria comodità di esercitare il loro mestiere. Infatti in qualsiasi altro posto bisogna rubare dalle tasche o forzare le serrature, cosa che, in caso di insuccesso, finisce sempre in modo alquanto spiacevole. Qui, invece, basta semplicemente avvicinarsi alla roulette, cominciare a giocare e poi, a un tratto, pubblicamente e in modo palese, prendere la vincita di un altro e mettersela in tasca; se poi nasce qualche lite, il lestofante insiste a voce alta e decisa che la puntata era la sua. Se la cosa è fatta con furbizia e i testimoni tentennano, il ladro molto spesso riesce ad impadronirsi del denaro sempre che, si capisce, la somma non sia molto notevole. In caso contrario, essa viene certamente fin da prima notata dai "croupiers" o da qualcuno degli altri giocatori. Ma se la somma non è molto cospicua, il vero proprietario a volte rinuncia a proseguire la discussione, timoroso di uno scandalo e si ritira. Ma se si riesce a smascherare il ladro, lo si porta subito fuori con grande chiasso. La nonna guardava tutte queste cose da lontano, con straordinaria curiosità. Le era molto piaciuto che si mettessero fuori i ladruncoli. Il "trente et quarante" suscitò in lei pochissima curiosità; la interessò maggiormente la roulette con quella pallina che rotolava. Espresse, infine, il desiderio di osservare il gioco più da vicino. Non so come fu, ma i lacchè e alcuni altri personaggi pieni di zelo (in prevalenza polacchi che hanno perso tutto e che offrono i loro servigi ai giocatori fortunati e a tutti gli stranieri) trovarono e liberarono immediatamente un posto per la nonna nonostante l'affollamento, proprio al centro del tavolo, vicino al croupier principale e vi spinsero la sua poltrona. Molti visitatori, che non giocavano, ma che in disparte osservavano il giuoco (specialmente inglesi con le loro famiglie), fecero subito ressa intorno al tavolo per poter guardare la nonna al di sopra delle teste dei giocatori. Molti occhialini vennero puntati dalla sua parte. I "croupiers" sentirono nascere qualche speranza: una giocatrice così straordinaria pareva promettere qualcosa di non comune. Una donna di settantacinque anni con le gambe paralizzate e che aveva voglia di giocare rappresentava certo un caso fuori del comune. Mi feci anch'io strada tra la folla e andai a mettermi vicino alla nonna. Potapytch e Marfa erano rimasti indietro, da una parte, in mezzo alla gente. Il generale, Polina, De-Grieux e mademoiselle Blanche rimasero pure loro da parte, tra gli spettatori.

è? chi è quella? Le piacque in modo particolare, all'estremità del tavolo, un uomo molto giovane, che faceva un giuoco molto sostenuto; puntava migliaia di franchi e ne aveva già vinti, si sussurrava in giro, circa quarantamila che gli stavano davanti in mucchi di oro e di biglietti di banca. Era pallido; gli occhi gli sfavillavano e le mani gli tremavano; puntava ormai senza nessun calcolo, quello che la mano riusciva ad afferrare, eppure vinceva, vinceva, ammucchiava, ammucchiava... I lacchè gli si affaccendavano attorno, gli spingevano sotto la poltrona, gli facevano un po' di largo perché avesse più spazio, perché la gente non gli premesse addosso, e tutto questo in attesa di una ricca ricompensa. Certi giocatori danno loro a volte una parte della vincita senza nemmeno contare, ma così, per la gioia, quanto con la mano possono pigliare dalla tasca. Vicino al giovane si era già sistemato un polacchino, che si dava da fare in tutti i modi, e in tono rispettoso, ma senza pausa, gli sussurrava qualcosa, probabilmente indicandogli come puntare, dando consigli e guidando il gioco e, si capisce, in attesa anche lui di un regalo! Ma il giocatore quasi non lo guardava, puntava a casaccio e continuava ad ammucchiare. Era visibilmente smarrito.

ò per qualche minuto.

"Digli," esclamò improvvisamente agitandosi e spingendomi, "digli che la smetta, che prenda al più presto il denaro e se ne vada. Perderà, ora perderà tutto!" si affannava, senza quasi più respirare per l'agitazione. "Dov'è Potapytch? Mandagli Potapytch! Ma diglielo, diglielo, dunque!" mi urtava. "Dov'è, insomma, Potapytch? 'Sortez, sortez!'" cominciò quasi a gridare lei stessa al giovanotto. Mi chinai e le sussurrai in tono deciso che lì non si poteva gridare e che non era permesso neppure alzare un po' la voce perché questo disturbava i calcoli, e che ci avrebbero cacciati via.

"Che rabbia! E' un uomo che si perde... ma si vede che è lui che lo vuole... Non posso più guardarlo, mi mette in agitazione... Che babbeo!" e la nonna si girò in fretta dall'altra parte.

à, a sinistra, all'altra metà del tavolo, si notava tra i giocatori una giovane signora e vicino a lei una specie di nano. Chi fosse quel nano non so: se un suo parente o se lo tenesse così, per fare colpo. Quella signora l'avevo già vista prima: compariva ogni giorno al tavolo da giuoco, all'una del pomeriggio, e se ne andava alle due in punto: giocava ogni giorno per un'ora. La conoscevano tutti e si affrettavano a porgerle una poltrona. Ella tirava fuori di tasca un po' d'oro, qualche banconota da mille franchi e cominciava a puntare calma, fredda, calcolatrice, segnando con la matita su un foglio di carta le cifre, e cercando di trovare un sistema secondo il quale, a un certo punto, si raggruppavano le possibilità. Puntava somme notevoli. Ogni giorno vinceva mille, duemila franchi, non mai più di tremila e, subito dopo aver vinto, se ne andava. La nonna la osservò a lungo.

"Be', quella non perderà! Quella non perderà! Chi è? Non lo sai? Di dove viene?" "E' una francese, dev'essere una di quelle..." sussurrai io. "Ah, dal volo si conosce l'uccello. Si vede che ha l'unghietta aguzza. Spiegami adesso che cosa significa ogni giro e come bisogna puntare."

"rouge et noir", "pair et impair", "manque et passe" e, infine, le varie sfumature nel sistema dei numeri; la nonna ascoltava attenta, ricordava, chiedeva di nuovo e imparava. A ogni sistema di puntata si poteva subito portare un esempio, cosicché era possibile imparare e ricordare molto facilmente e in fretta. La nonna rimase molto contenta.

"E che cos'è lo zero? Ecco, quel croupier ricciuto, quello più importante, ha gridato ora: zero! E perché ha rastrellato tutto quanto era sul tavolo? Tutto per sé ha preso quel bel mucchio? Che significa questo?" "Lo zero, nonna, è il guadagno del banco. Se la pallina cade sullo zero tutto quello che è stato puntato spetta al banco, senza calcolo. In verità, si concede ancora un colpo alla pari, ma il banco non paga niente."

"Ma guarda un po'! E io non ricevo niente?" "No, nonna, ma se voi prima avete puntato sullo zero, allora, se esce lo zero, vi pagano trentacinque volte la posta."

"Come? Trentacinque volte? Esce spesso? E perché, allora, questi tonti non puntano?" "Ci sono trentasei probabilità contro, nonna."

"Sciocchezze, sciocchezze! Potapytch, Potapytch! Aspetta, ho del denaro con me, ecco!" Ella tirò fuori dalla tasca un borsellino molto gonfio e ne prese un federico.

"Tieni, punta subito sullo zero."

"Nonna, lo zero è uscito soltanto adesso," dissi io, "e ora per un bel po' non uscirà. Perderete molto; aspettate almeno un po'..."

"Storie! Punta, ti dico!"

"Permettete, ma forse non uscirà più fino a sera, potreste perdere anche mille federici: è già successo."

"Sciocchezze! Sciocchezze! Se hai paura del lupo, non puoi andare nel bosco. Che? Hai perso? Punta ancora!"

Perdemmo anche il terzo. La nonna era fuori di sé, non riusciva a stare ferma, batté persino un pugno sul tavolo quando il croupier proclamò "trente-six" invece dell'atteso zero.

"Guarda un po'!" esclamava infuriata la nonna. "Quando uscirà questo maledetto zeruccio? Voglio morire, se non starò qui ad aspettare che venga fuori lo zero. E' quel maledetto crupieruccio dai capelli ricci che fa in modo che non esca mai! Alekséj Ivànovitch, punta due monete d'oro alla volta! Ne perdi tanti che, se anche uscirà lo zero, non prenderai nulla."

"Nonna!"

"Punta, punta! Non è denaro tuo."

ò a lungo sulla ruota, infine prese a saltellare sui dentelli. La nonna tratteneva il respiro, stringendo il mio braccio. A un tratto: tac!

"Zero!" proclamò il croupier.

"Vedi, vedi!" disse la nonna, rivolgendosi verso di me, raggiante e soddisfatta. "Te lo dicevo, te lo dicevo! E' proprio il Signore che mi ha suggerito di puntare due marenghi d'oro. E adesso, quanto riceverò? Perché non pagano? Potapytch, Marfa, dove sono andati? E i nostri dove si sono cacciati? Potapytch, Potapytch!"

"Nonna, dopo..." le bisbigliai. "Potapytch è vicino alla porta, qui non lo lasciano venire. Guardate, nonna, vi danno il denaro, prendetelo!" Gettarono alla nonna un pesante rotolo sigillato in carta azzurra con cinquanta federici e le contarono ancora venti federici sciolti. Ammucchiai tutto davanti alla nonna con la paletta.

"Faites le jeu, messieurs! Faites le jeu, messieurs! Rien ne va plus (2)" annunciava il croupier, avvertendo di puntare e preparandosi a far girare la roulette.

"O Signore! Siamo in ritardo! Ora gireranno! Punta, punta!" si affannava la nonna. "Non perdere tempo, fa' presto..." gridava quasi fuori di sé, urtandomi a tutta forza.

"Ma dove devo puntare, nonna?" "Sullo zero, sullo zero! Di nuovo sullo zero! Punta il più possibile! Quanto abbiamo in tutto? Settanta federici? Non c'è da rimpiangerli, puntane venti per volta!"

"Tornate in voi, nonna! Magari non esce più per duecento volte! Vi assicuro che perderete un capitale!"

"Storie, storie... Punta! Ecco, mi fischiano le orecchie... So quello che faccio..." replicò la nonna, tremando tutta per la frenesia.

"Secondo il regolamento non è permesso puntare più di dodici federici alla volta sullo zero, nonna; ecco, li ho puntati."

"Come, non è permesso? Non mi racconti mica delle storie, vero? 'Mussiè! Mussiè'" e urtò il "croupier" che stava seduto proprio alla sua sinistra e si preparava a far girare la roulette. "Combien zero? douze? douze?" Mi affrettai a spiegargli la domanda in francese.

"Oui, madame" confermò cortesemente il croupier, "così pure ogni singola puntata non deve oltrepassare i quattromila fiorini per volta: è il regolamento" aggiunse come chiarimento.

"Be', non c'è niente da fare... puntane dodici!"

"Le jeu est fait (3)" gridò il croupier. La ruota si mise a girare e venne fuori il tredici! Avevamo perduto!

"Ancora! Ancora! Punta ancora!" gridava la nonna. Ormai non la contraddicevo più e, stringendomi nelle spalle, misi ancora dodici federici. La ruota girò a lungo. La nonna ne seguiva il moto, tremando addirittura. "Ma possibile che creda veramente di far di nuovo zero!" pensai, guardandola con meraviglia. Una risoluta convinzione di vincere le illuminava il viso, l'attesa sicura che tra poco avrebbero gridato: zero! La pallina saltò in una casella. "Zero!" annunziò il croupier.

"Cosa?" gridò la nonna, rivolgendosi a me in preda a una frenetica esultanza.

decina di volte fosse saltato fuori per tre volte lo zero; ma non c'era niente di particolarmente straordinario. Ero stato io stesso testimonio di come due giorni prima lo zero era uscito tre volte di seguito, e uno dei giocatori che segnava diligentemente su un foglietto i colpi, aveva osservato, a voce alta, che non più tardi del giorno precedente questo stesso zero era capitato una volta sola nel giro di ventiquattro ore.

ù alta, il pagamento fu effettuato con particolare, deferente attenzione. Le spettavano giusto quattrocentoventi federici esatti, cioè quattromila fiorini e venti federici. I venti federici glieli passarono in oro e i quattromila in banconote.

ò Potapytch; era ben diversamente occupata. Non si agitava neppure e, apparentemente, non tremava. Essa, se così ci si può esprimere, tremava dentro. Si era concentrata tutta in un solo pensiero: l'aveva preso di mira!

"Alekséj Ivànovitch! Ha detto che si possono puntare soltanto quattromila fiorini? Su, prendi, punta questi quattromila sul rosso!" ordinò la nonna.

"Rouge." proclamò il croupier.

"Quattromila dalli a me e gli altri quattro puntali di nuovo sul rosso!" ordinò la nonna.

"Rouge!" proclamò di nuovo il "croupier".

"Dodicimila in tutto! Dammeli. Versa l'oro qui, nel borsellino, e i biglietti nascondili. E adesso basta. A casa! Spingete indietro la poltrona!"

Note:

"Da sola, farà delle sciocchezze."

"Puntate, signori, puntate! Basta, non si può più puntare!"

"Il gioco è fatto!"

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