Dostoevsky. Il giocatore (Italian, Игрок)
Capitolo 3

Capitolo: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17

Capitolo 3

Tuttavia ieri, per l'intera giornata, non mi disse una sola parola che si riferisse al giuoco. In generale, anzi, evitò di parlarmi. Il suo modo di fare con me non è cambiato. La stessa assoluta noncuranza nel trattarmi quando ci incontriamo, e perfino qualcosa di sprezzante e di astioso. In genere, lei non cerca di nascondere la sua avversione per me; lo vedo benissimo. Però non nasconde nemmeno che io le sono necessario e che, per qualche suo motivo, mi tiene buono. Tra di noi si sono stabiliti certi strani rapporti, sotto molti punti di vista per me incomprensibili, se si considera il suo orgoglio e la sua fierezza con tutti. Lei sa, per esempio, che io l'amo pazzamente, mi permette perfino di parlarle della mia passione e, naturalmente, in nessun altro modo potrebbe esprimere di più il suo disprezzo che con questo permesso di rivelarle senza ostacoli e senza divieti il mio sentimento. "Significa" pensa lei, "che stimo tanto poco i tuoi sentimenti che mi è proprio indifferente qualunque cosa tu dica e tu senta per me".

sapeva, mettiamo, che conoscevo una data circostanza della sua vita o che sapevo qualcosa che l'inquietava grandemente; lei stessa me ne raccontava persino alcuni particolari se aveva bisogno di servirsi di me per i suoi scopi, come uno schiavo o un galoppino; ma raccontava sempre e solo quel tanto che deve sapere una persona che serva per commissioni e se ancora non mi era nota l'intera concatenazione degli avvenimenti, pur vedendo come mi inquietavo e mi tormentavo per le sue pene e le sue preoccupazioni, non si sarebbe comunque mai degnata di calmarmi pienamente con un'amichevole franchezza; anche se, servendosi non di rado di me per commissioni non solo fastidiose ma persino pericolose, avrebbe dovuto, secondo il mio parere, essere sincera con me. Ma vale forse la pena di preoccuparsi dei miei sentimenti, del fatto che io mi agito e forse mi tormento e mi inquieto tre volte più di lei, per i suoi crucci e i suoi insuccessi? Già da tre settimane ero al corrente della sua intenzione di giocare alla roulette. Mi aveva persino avvertito che avrei dovuto farlo al posto suo, perché per lei sarebbe stato sconveniente giocare. Dal tono delle sue parole mi ero subito reso conto che doveva avere qualche seria preoccupazione e non il semplice desiderio di vincere denaro. Che cosa è per lei il denaro in se stesso? Qui c'è uno scopo, qui ci sono circostanze che io posso indovinare ma che, fino a questo momento, non conosco. Si capisce, lo stato di sottomissione e di schiavitù in cui mi tiene potrebbe darmi (e spesso me la dà) la possibilità di interrogarla io stesso in modo chiaro e brutale. Poiché per lei sono uno schiavo e ai suoi occhi niente altro che una nullità, così non c'è motivo che si offenda della mia volgare curiosità. Ma il fatto è che, pur permettendomi di farle delle domande, non risponde. Certe volte non se ne accorge neppure. Ecco come stanno le cose tra di noi!

è parlato molto del telegramma spedito quattro giorni fa a Pietroburgo e che non ha avuto risposta. Il generale è agitato e preoccupato, è chiaro; si tratta, naturalmente, della nonna. Anche il francese è inquieto. Ieri, dopo pranzo, per esempio, essi conversarono a lungo e seriamente. Il tono del francese con tutti noi è straordinariamente altero e noncurante. E' proprio giusto il proverbio: fallo sedere a tavola e sulla tavola metterà pure i piedi. Anche con Polina è indifferente fino alla villania; però prende parte con piacere alle passeggiate comuni al Casinò, o alle cavalcate e alle gite fuori città. Da parecchio tempo conosco alcune delle circostanze che hanno legato il francese al generale: in Russia essi avevano progettato di mettere su insieme una fabbrica, ma non so se il progetto sia andato a monte o se ancora se ne parli. Inoltre sono venuto per caso a sapere, in parte, un segreto di famiglia: il francese, l'anno scorso, è davvero venuto in aiuto al generale e gli ha dato trentamila rubli per coprire l'ammanco di cassa al momento delle sue dimissioni. E così è facile capire che il generale è nelle sue mani; ma adesso, proprio adesso, la parte principale in tutta la faccenda la rappresenta mademoiselle Blanche, e sono certo che anche in questo non mi sbaglio. E chi è questa mademoiselle Blanche? Qui da noi si dice che è una francese dell'alta società che viaggia con la madre e che possiede una sostanza colossale. Si sa anche che è parente del nostro marchese, ma molto alla lontana, una cugina in secondo o terzo grado. Si dice pure che, prima del mio viaggio a Parigi, il francese e mademoiselle Blanche si trattassero molto più cerimoniosamente e che fossero in rapporti molto più fini e delicati; adesso, invece, la loro conoscenza, la loro parentela, l'amicizia si mostrano in una luce più cruda, più intima, per così dire. Probabilmente i nostri affari sembrano loro in così cattive condizioni che non ritengono più necessario fare troppi complimenti con noi e fingere. Già dall'altro ieri avevo notato come mister Astley osservava mademoiselle Blanche e sua madre. Mi è sembrato che le conoscesse; e mi è sembrato anche che il nostro francese avesse già prima incontrato mister Astley. Del resto, mister Astley è così timido, modesto e taciturno che di lui ci si può fidare: non porta certo le immondizie fuori della casa altrui. Per lo meno, il francese lo saluta appena e quasi non lo guarda: quindi non lo teme. Questo ancora lo capisco, ma perché anche mademoiselle Blanche quasi non lo guarda? Tanto più che ieri il marchese si è tradito: ha detto all'improvviso, durante la conversazione, non so più a che proposito, che mister Astley è enormemente ricco e che lui lo sa; appunto per questo mademoiselle Blanche dovrebbe guardare mister Astley. In complesso, il generale è in uno stato di grande inquietudine. Si capisce quello che ora può significare per lui il telegramma che annunci la morte della zia!

a me. Ieri e oggi, in compenso, ho rivolto la mia attenzione soprattutto a mademoiselle Blanche. Povero generale, è perduto, senza scampo! Innamorarsi a cinquantacinque anni e di una passione così violenta, è certamente una disgrazia! Aggiungete a questo la sua vedovanza, i figli, la proprietà interamente rovinata, i debiti e, infine, la donna di cui gli è capitato d'innamorarsi. Mademoiselle Blanche è bella. Ma non so se mi si capirà quando dico che ha uno di quei visi che possono fare paura; io, per lo meno, ho sempre avuto paura di donne simili. Deve essere sui venticinque anni. E' alta di statura, con spalle larghe e rotonde; il collo e il petto sono stupendi; la carnagione è olivastra, i capelli neri come l'inchiostro di china e talmente folti che basterebbero per due acconciature. Ha gli occhi neri, con il bianco tendente al giallo, lo sguardo sfrontato, i denti bianchissimi, le labbra sempre truccate; emana da lei odore di muschio. Veste in modo molto vistoso, ricco, ricercato, ma con molto buon gusto. Ha piedi e mani meravigliosi, e una profonda voce di contralto. A volte scoppia a ridere mettendo in mostra tutti i denti, ma di solito ha l'aria taciturna e insolente, per lo meno in presenza di Polina e di Màrja Filìppovna. (Corre una voce strana: che Màrja Filìppovna parta per la Russia.) Mi pare che mademoiselle Blanche non abbia nessuna istruzione e forse non sia neppure intelligente, però è diffidente e furba. Credo che nella sua vita non manchino le avventure. A volerla dire tutta, può anche darsi che il marchese non le sia affatto parente e che la madre non sia affatto sua madre. Ma si sa che a Berlino, dove le abbiamo incontrate, lei e la madre avevano alcune conoscenze di gente perbene. Per quanto riguarda personalmente il marchese, anche se io dubito ancora che egli sia marchese, la sua appartenenza alla buona società sia da noi, a Mosca, sia qua e là in Germania, sembra non si possa mettere in dubbio. Non so che posizione abbia in Francia. Dicono che possegga un "château"! Credevo che in quelle due settimane molta acqua sarebbe passata sotto i ponti; al contrario non so ancora con certezza se tra mademoiselle Blanche e il generale sia stato detto qualcosa di decisivo. E' certo che ora tutto dipende dal nostro patrimonio, ossia se il generale sarà in grado oppure no di mostrare loro molto denaro. Se, per esempio, arrivasse la notizia che la nonna non è morta, sono convinto che mademoiselle Blanche sparirebbe immediatamente. Mi meraviglio e rido io stesso nel costatare come io sia diventato pettegolo! Oh, come tutto questo mi disgusta! Con quale soddisfazione pianterei tutto e tutti! Ma posso forse allontanarmi da Polina, posso forse rinunciare a starle intorno a spiare? Lo spionaggio certo è spregevole, ma a me che importa? Ieri e anche oggi mister Astley mi è sembrato strano. Sì, sono convinto che egli è innamorato di Polina! E' curioso e buffo pensare quante cose possa esprimere lo sguardo di un uomo timido e morbosamente pudico, preso dall'amore, e questo proprio nel momento in cui quest'uomo preferirebbe sprofondare sotto terra piuttosto che dimostrare o esprimere qualunque cosa con la parola o lo sguardo. Mister Astley molto spesso ci incontra alle passeggiate. Si toglie il cappello e ci passa accanto, morendo, si capisce, dal desiderio di unirsi a noi. Ma se lo si invita a farlo, subito rifiuta. Nei luoghi di ritrovo, al Casinò, dove suona la musica o davanti alla fontana, si ferma immancabilmente in un punto non lontano dalla nostra panchina e, dovunque noi ci troviamo, sia nel parco, sia nel bosco, sia sullo Schlangenberg, basta soltanto alzare gli occhi, guardarsi intorno e immancabilmente da qualche parte, o dal sentiero più vicino o da dietro qualche cespuglio, ecco apparire mister Astley. Mi sembra che cerchi l'occasione di parlare con me a tu per tu. Stamattina ci siamo incontrati e abbiamo scambiato due parole. A volte egli parla a scatti. Ancora prima di aver detto "Buongiorno" già esclamava:

"Ah, mademoiselle Blanche! Ho visto molte donne come mademoiselle Blanche!"

é, alla mia domanda che cosa ciò significasse, fece un cenno con la testa, sorridendo furbescamente, e aggiunse:

"Proprio così. A mademoiselle Polina piacciono molto i fiori?" "Non lo so, non lo so davvero" risposi.

"Ma come! Non sapete neanche questo?" esclamò con il più grande stupore.

"Non lo so, non ci ho mai fatto caso" ripetei ridendo.

"Ehm... questo mi fa nascere un'idea particolare..."

ò oltre. Aveva però un'aria soddisfatta. Parliamo insieme in un pessimo francese.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17